martedì 26 luglio 2011

Nuvole d'acqua di colonia (Nuvole rosa la torta orsetto di Beatrice)



Un bagnetto
nuvole di sapone profumato

Un bimbo che sceglie da solo cosa mettersi (vuole la maglietta di Superman)
L'acqua di Parma di papà sui capelli
...Nuvole d'acqua di colonia
l'aria mi bacia e sogna...
canta la voce di Capossela

Una nuvola rosa su cui un orsetto si è addormentato
tra mille stelle e soffici nastri
una prova con cui confrontarmi, la torta di Beatrice,
piccole grandi imperfezioni
piccole grandi soddisfazioni.



giovedì 21 luglio 2011

Un pomeriggio d'estate



Un pomeriggio d'estate passato alla finestra
a vedere la girandola girare
e la tenda svolazzare

Il venticello fresco arrivato a portar via il caldo di ieri
Un bimbo che si sveglia piengendo e si consola tra le tue braccia

Il primo pomeriggio passato senza pannolino
e nemmeno una goccia di pipì a terra
la fa due volte nel vasino, in piedi come i grandi

Merita un premio
vuole toccare l'acqua raccolta nel sottovaso "l'acqua delle piante!"
è un maschietto adora sporcarsi
glielo concedo, è stato bravo.

Puliremo poi.







martedì 19 luglio 2011

Quel fresco profumo di libertà

Oggi non è tempo di ricette.
Oggi è il giorno della memoria.

Diciannove anni fa era soltanto una domenica pomeriggio d'estate lenta e sonnacchiosa come lo sono le domenica siciliane. C'è un torpore che a noi siciliani ci pervade sempre figuratevi a luglio quando il sole brucia anche alle otto di sera, e al pranzo serio della domenica non ci si rinuncia nemmeno se il termotreto segna + trenta.

Io avevo tredici anni il 19 luglio 1992 e già avevo vissuto la mia buona dose di delitti di mafia, morti sparati in mezzo alle strade. Ricordo i titoli del giornale L'Ora, mio nonno che tutte le mattine andava a comprarlo, fino a quando lo pubblicarono, poi dovette cedere, volente o nolente alla cronaca del Giornale di Sicilia. Avevo già vissuto la strage di Capaci.

Ma la strage di via D'Amelio, la fine brutale del giudice Borsellino e dei suoi agenti, fu un'altra cosa. Fu uno squarcio della carne, del cuore, della mia anima di palermitana che credeva nella giustizia.

Ricordo l'edizione straordinaria del telegiornale, i primi tg non dicevano che il giudice fosse morto, non so perché. Io e la mia famiglia eravamo fuori Palermo da una zia, rientrammo subito, in macchina per tutto il viaggio solo silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Io pregavo, anche se sapevo che era morto, pregavo che non lo avessero ucciso. Che non avessero ucciso l'ultima speranza che credevo avesse Palermo, l'ultimo soffio di libertà e giustizia.

E invece Palermo era stata sventrata, via D'Amelio era tale e quale alle immagini di guerra che arrivavano da paesi lontani: fumo nero, un braccio gettato sull'asfalto, un pezzo di carne bruciata che fino a poco tempo prima era una vita, erano fiati, erano sorrisi, era paura, era amore. Amore per Paolo, amore per la giustizia.

Con Paolo Borsellino non ci uccisero la speranza.
La mia rabbia negli anni crebbe nei confronti della Mafia, e dell'indifferenza nei confronti della Mafia, e del malcostume in maniera proporzionale alla paura che avevo quel 19 luglio e i giorni che vennero dopo.

Ricordo il rumore sordo degli elicotteri, giorno e notte, il silenzio immobile della città inghiottita dall'afa, i militari per strada in una città che sembrava in assetto di guerra, le zone rimozione sparse per la città sotto le case dei magistrati a rischio. L'impegno dello Stato per controstare la Mafia e i suoi attacchi. Dopo Falcone e Borsellino, dopo le loro morti.

Quell'impegno durò qualche anno. Oggi di Mafia non si sente parlare quasi più in città, piuttosto di delinquenza, di malcostume, di gente che non rispetta le regole. Come se anche questo non fosse Mafia.

Oggi mi ricordo di Paolo, oggi che sto compiendo una mia sfida personale, per non lasciare Palermo, per rimanere e farlo nel rispetto delle regole. Come me altri giovani imprenditori, tante associazioni che ogni giorno portano avanti la loro personale battaglia. Cerchiamo di non scendere a compromessi, perseveriamo in questo per non diventare servi di nessuno, per poter respirare fino in fondo "Quel fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale".Grazie Paolo.

martedì 5 luglio 2011

cioccolato, arance e fantasia!





Ovvero come ripensare a quello sformatino di cioccolato amaro con salsa all'arancia gustato dal commissario Montalbano (mon amour) nel Ladro di Merendine...
Il pallino di partecipare al contest di Claudia ce l'ho avuto dal primo momento, così come l'idea di riprodurre proprio quella ricetta lì.
Non vi nego che stavo per mollare, primo perché non avevo alcuna ricetta da cui partire e poi perché il caos con cui mi sono trovata a convivere nel mese passato mi ha tenuta lontana dal blog e dal contest di Claudia, anche se non proprio dalla cucina...
E così complice il caldo, mi è venuta l'idea giusta per quel famoso sformatino e per l'ingrediente segreto che avrebbe dovuto renderlo unico...

Ma andiamo con ordine...

Ingredienti

Per lo sciroppo
170 gr di zucchero
80 gr di acqua

Per lo sformatino
400 gr di panna montata
160 gr di tuorli
90 gr di cioccolato fondente al 60%

Per il coulis di arance
il succo di 1 arancia
1 cucchiaio di zucchero di canna
amido

Ingrediente segreto
.....


In una casseruola fate sciogliere lo zucchero con l'acqua. Mettete sul fuoco e portate ad ebollizione.
Togliete dalla fiamma e lasciate raffreddare coperto da un panno umido in modo da non fare cristallizzare il composto.

Versate lo sciroppo sui tuorli in una casseruola e fate cuocere a bagnomaria mescolando continuamente con una frusta fino a formare una crema.
Unite il cioccolato fondente precedentemente spezzato e fatelo ben sciogliere.
Togliete dal fuoco e quando il composto sarà quasi freddo amalgamatevi la panna montata; successivamente versate il composto in uno stampo rivestito di pellicola trasparente.

A questo punto aggiungete l'ingrediente segreto: lasciate riposare in freezer per 4-5ore. Si, perché il mio sformatino è un parfait, o meglio il parfait al cioccolato di Carlo Pozza, uno dei membri dell'Accademia maestri pasticceri italiani. Tutti i mesi, grazie ad un rubrica della Cucina del Corriere, ho la possibilità di conoscere uno diverso di questi maestri e molte delle loro creazioni.
Il Ladro di Merendine è così affascinante nelle atmosfere arabe di cui riecheggia, che a me, palermitana con gli arabi nel sangue e negli occhi non poteva che ispirarmi alla ricerca di un ingrediente che avesse quell'origine. Prima pensavo avrei potuto aggiungere delle spezie, ma poi, complice il profumo pungente di un mazzetto di gelsomini raccolto per strada, mi sono ricordata che si deve proprio agli arabi l'origine del gelato, quando in tempi lontani preparavano i loro sherbet utilizzando la neve dell'Etna, allora, in quei tempi in cui la Sicilia era pervasa dal loro sapere e fervore culturale, artistico e culinario erano soprattutto a base di agrumi ma anche di gelsomino!



Il maestro suggeriva di guarnire il dolce con scaglie di cioccolato e lamponi io sono rimasta fedele alla versione Camilleriana e alla lontana origine degli sherbet arabi e così ho preparato un coulis di arance bionde, succose e profumatissime, comprate la scorsa settimana al gruppo di acquisto bio sotto casa mia. Basta mettere sul fuoco il succo di arancia con lo zucchero e lasciare cuocere per un quarto d'ora poi si aggiunge poco per volta l'amido tanto quanto basta a trovare la consistenza giusta. Morbido e vellutato, non troppo liquido.




E ora Claudia, non lo invitiamo a cena il Commissario?